"UNA PASSEGGIATA LUNGO LA BRENTA A BASSANO DEL GRAPPA"

Dal catalogo: "Joseph Beuys. Difesa della natura". Giugno 2007

AUDIOGUIDA

Enrico Pedrini:
L'opera di Marcel Duchamp è stata fondamentale per l'arte del XX secolo. Il suo percorso artistico ci ha aperto una nuova dimensione mentale, liberando il nostro istinto, il nostro lo, dal razionalismo eccessivo del mondo moderno. Con Duchamp l'opera cessa di essere qualcosa da guardare, per diventare soprattutto qualcosa a cui pensare. L'idea diviene il vero motore della ricerca artistica, mentre il documento estetico si trasforma in oggetto, in traccia. Il suo lavoro ha prodotto quindi un'apertura verso una nuova sfera di libertà dove il processo ideativo di creazione assume d'ora in poi un valore superiore a ogni processo formativo. A metà degli anni sessanta Joseph Beuys, al contrario di Duchamp, perviene a una personale concezione dell'essere umano: l'uomo è il custode di un'energia in grado di modificare il mondo sia in senso morale, sia in senso sociale e civile. Egli considera la creatività l'attributo attraverso cui si estrinseca l'energia insita nell'uomo. A ognuno è data quindi la possibilità di sprigionare questa energia che è in grado di arricchire ogni atto e ogni momento della vita quotidiana. Con Beuys si spalanca la strada alla possibilità che ogni atto quotidiano, se svolto sotto la forza della creatività, possa diventare esso stesso un atto artistico. Quale di queste due personalità ti senti vicino e a quale artista la tua passione meglio aderisce?

Luigi Bonotto:
Non preferisco uno all'altro, perché ognuno di questi due artisti mi ha insegnato qualcosa, anzi per me Duchamp è stato il primo che ha modificato i concetti sull'arte. Prima di conoscere il pensiero di Duchamp apprezzavo l'arte "retinica": frequentavo gli artisti che io definisco "retinici". Apprezzavo l'Arte Astratta ed ero interessato a tutto quanto fosse visivo. Con Duchamp ho cominciato a capire il concetto dell'oggetto: non più soltanto l'aspetto visivo ma il contenuto dell'oggetto che egli esponeva. In quegli anni, attraverso le edizioni prodotte a Milano da Arturo Schwarz, avevo collezionato alcune cose di Marcel Duchamp che poi ho scambiato quando ho frequentato gli artisti Fluxus. All'inizio Beuys partecipava ad alcune performance di questi artisti Fluxus e in comune con loro riteneva l'arte un'opera "fisico-corporea", in effetti erano delle azioni, degli eventi. Con Beuys ho cominciato a capire, ad apprezzare l'evento della comunicazione. Egli teneva delle lezioni all'Università di Düsseldorf la sua opera più importante è stata in tutta la sua vita "la comunicazione". Per tale ragione mi sono affezionato e appassionato a collezionare i suoi "poster" che sono per me la documentazione di questo comunicare, di questi suoi eventi, che riassumono tutto il lavoro della sua vita.

Enrico Pedrini:
Aver collezionato quasi duecento manifesti del lavoro di Beuys è un atto significativo e pieno di senso. Vorrei ora chiederti se condividi pienamente alcune affermazioni di Beuys quali "La Rivoluzione siamo Noi", che può essere espressa nel seguente modo: "nelle nostre idee risiede l'unica rivoluzione/evoluzione possibile", e continuando: "l'uomo libero è l'uomo che agisce creativamente, in quanto ogni atto quotidiano, se svolto sotto la forza della creatività, può diventare esso stesso un atto artistico". Non pensi che la tua volontà collezionistica abbia superato, per numero delle opere raccolte, la normale collezione per diventare atto di pura creatività? La tua raccolta sembra lanciare un messaggio di libertà ma anche di presenza che vuole col suo atto esprimere un ruolo "artistico"?

Luigi Bonotto:
Naturalmente Beuys essendo un "Fluxer" ha espresso l'idea dell'arte di Fluxus: arte intesa come performance, arte intesa come operazione della vita. Quindi qualsiasi evento della vita si può considerare un'opera d'arte. Come dicevo prima, questa somma di eventi si può considerare l'opera completa di Beuys e io ho cercato di collezionare questo lavoro completo. Ogni collezionista costruisce una raccolta che legata alla disponibilità economica testimonia la sua cultura. Tale impresa diventa la migliore opera in vita del collezionista stesso.

Enrico Pedrini:
Quello che è anche interessante del tuo lavoro collezionistico è la volontà di avere una testimonianza la più completa possibile e non soltanto una presenza come fanno molti... penso che a volte prevalga la necessità di esprimere nella "quantità dei lavori" la completezza di un percorso.

Luigi Bonotto:
Degli artisti che ho frequentato, studiato e ai quali mi sono affezionato per i loro lavori ho cercato di collezionare nel modo più completo la documentazione del loro pensiero. Ed è per questo che ho raccolto tanti poster di Beuys. Nel mio caso la voglia di avere tante opere è la ricerca di riflettere sulle varie fasi dell'opera di un artista.

Enrico Pedrini:
Una tua caratteristica è l'attitudine a creare un archivio che non sempre è riscontrabile nel l'attività dei collezionisti...

Luigi Bonotto:
Quando ho deciso di collezionare Fluxus e la Poesia concreta, visiva, sonora ero convinto che per avere una documentazione e un'idea di quanto stavo reperendo fossero in dispensabili i documenti e nel Fluxus essi per me sono fondamentali. Sappiamo che il Fluxus è stato un movimento ideologico e non un movimento finalizzato alla sola produzione artistica. E quindi mi emoziona di più un documento degli anni sessanta che un'opera degli anni novanta.

Enrico Pedrini:
Tu mi fai ricordare quel periodo ideologico del movimento quando gli artisti Fluxus si mandavano l'un l'altro dei messaggi per posta. In quel frangente essi erano più interessati a inviare questi messaggi che a fare le opere...

Luigi Bonotto:
...infatti questi artisti hanno combattuto e lavorato contro la mercificazione dell'arte e spesso hanno cercato di contrastare i galleristi e il mercato come era inteso nel mondo attuale. A loro non interessava il valore materiale e economico dell'arte. Ed è per questo che talvolta la documentazione del loro lavoro è più importante per me delle opere stesse. In Fluxus e in Beuys l'evento e la performance hanno più valore dal punto di vista dell'arte che l'opera stessa.

Enrico Pedrini:
Tu sei un collezionista particolare proprio per questa attitudine alla documentazione, all'archivio...

Luigi Bonotto:
Difficilmente mi relaziono con altri collezionisti che hanno questa passione. Normalmente il collezionista ha l'idea di "ammucchiare" opere e al momento dell'acquisto è più interessato a sapere se il lavoro è su tela o su marmo: egli si interessa più al supporto che a conoscere il significato reale dell'opera stessa.

Enrico Pedrini:
Mi puoi spiegare quali sono le motivazioni e le occasioni che ti hanno spinto a dedicarti in maniera così intensa alla collezione? Vivere creativamente la vita che esprimi nell'esercizio della tua professione creativa di produzione di tessuti e raccogliere con tanta lena opere d'arte non ha in sé la volontà, come in Beuys, di plasmare il sociale, attraverso i tuoi rapporti con gli altri in campo economico, educativo e informativo?

Luigi Bonotto:
Nella mia produzione di tessuti sono sempre stato più un creativo che un manifatturiero inteso nel senso tradizionale del termine. Ho frequentato le case degli artisti e loro la mia abitazione, proprio perché tra di noi il rapporto si è sempre basato sullo scambio: loro mi davano la libertà di pensiero che io trasmettevo poi puntualmente nel lavoro. Questo mio impegno si materializzava nel l'aiuto che offrivo loro soprattutto con l'acquisto di documenti e di opere. Il mio lavoro di collezione è stato uno scambio continuo.

Enrico Pedrini:
Vorrei ora chiederti, in modo più completo possibile, quali occasioni hai avuto per dedicarti così intensamente ad alcuni movimenti quali il Fluxus e la Poesia Visiva?

Luigi Bonotto:
lo ho cominciato a formare la mia collezione negli anni sessanta. Negli anni precedenti avevo raccolto opere d'arte astratta che successivamente ho cambiato. Anche se ho amato molto i suddetti movimenti, i primi artisti che veramente mi hanno coinvolto appartenevano al movimento Fluxus. Con l'aiuto di Francesco Conz, di Rosanna Chiessi, Emily Harvey, Armin Hundertmark e Harry Ruhé sono entrato in contatto con molti operatori di questo gruppo. Emmet Williams ha poi iniziato a parlarmi di Poesia Concreta, Philip Corner di performances musicali e mi hanno presentato altri artisti. Ho ritenuto che le barriere tra Poesia con creta, poesia visiva e sonora e Fluxus fossero molto labili. Per me la differenza stava soprattutto nel fatto che un artista che aveva partecipato a un "Festival Fluxus" era un artista Fluxus poiché aveva un rapporto di retto con George Maciunas. Gli altri non appartenevano a Fluxus, perché non avevano avuto l'occasione di incontrare Maciunas e di trovarsi nei luoghi dove avvenivano i festival. Trovavo tra loro una corrispondenza di intenzioni e di idealità. Ho poi iniziato a conoscere diversi altri poeti che sentivano il bisogno di esprimersi attraverso dei segni, dei colori, delle performance. È nata una catena di conoscenze e così nel giro di vent'anni mi sono trovato a frequentare la maggior parte degli artisti che ho collezionato.

Enrico Pedrini:
Quali sono stati gli artisti che ti hanno più appassionato o che ricordi con più entusiasmo?

Luigi Bonotto:
Buona parte degli artisti presenti nell'Archivio sono passati dalla mia abitazione. Prima di Bassano abitavo in campagna e avevo una casa con lo studio e il laboratorio annessi. Gli artisti lavoravano durante il giorno e la sera ci si ritrovava insieme e si passavano molte ore a parlare d'arte. Questo luogo, Molvena, è stato un punto felice di incontri, in quanto era diventato un centro di cultura artistica e tutto ciò è successo in un periodo di tempo che è durato quindici anni. A volte contemporaneamente erano presenti anche tre o quattro personalità di cui ho diverse documentazioni. Nella mia abitazione si potevano incontrare ad esempio Ben Patterson, Dick Higgins, Alison Knowles. Una volta si sono uniti anche Philip Corner e Eric Andersen. Era un piacere e un divertimento passare le serate con loro. Di giorno producevano e studiavano, insomma facevano quel che volevano, lo ero contento perché a me rimaneva la documentazione fotografica e sonora delle opere e dei progetti.

Enrico Pedrini:
Mi farebbe piacere conoscere la tua storia, che comincia da Marostica e prosegue a Bassano del Grappa. In particolare vorrei sapere se la storia dell'arte presente in queste due città ha influenzato e arricchito la tua passione per i linguaggi dell'arte. Desidero anche sapere se qualche personaggio storico ti ha particolarmente colpito ed è stato per tè un esempio da seguire ed emulare.

Luigi Bonotto:
Mio padre mi raccontava dei suoi interessi e delle sue passioni quando ero piccolo con i pantaloni corti. Lui conosceva bene l'arte veneta del Cinque e Seicento. Mi parlava di un artista locale famoso, della bottega dei pittori Dal Ponte detti i Bassano: il più grande è stato Jacopo, che era già figlio di un artista che fu il padre di una grande dinastia di pittori. Mi parlava anche dello scultore Antonio Canova e non tanto degli altri artisti locali. Mi faceva notare l'atmosfera dei nostri monti, soprattutto del monte Grappa che si ritrova nei loro lavori. Altri artisti che mi hanno culturalmente formato sono Michelangelo Buonarroti e Vincent Van Gogh per il loro modo di essere e per la loro creatività. Durante la mia gioventù ho coltivato una passione per questi artisti, per la loro voglia di vivere e di operare. Michelangelo è stato quello che più mi affascinava. Poi quando sono cresciuto ho avuto la possibilità, vivendo a Valdagno, di respirare una cultura più contemporanea che in quel periodo era all'avanguardia in Europa con il Premio Marzotto. Certamente sono stati i primi germi che sono entrati in me quando ho conosciuto i lavori di Lucio Fontana, di Arman, di Alberto Burri, di Christo eccetera. Ho riflettuto in tal modo sul significato dell'arte di quel periodo e poi sono andato avanti a riflettere sul lavoro di Marcel Duchamp. Con questo artista francese ho avuto l'occasione di fare una partita di scacchi, in dieci mosse mi ha imbrigliato e la risposta che mi ha dato è stata: "Ognuno tira fuori quello che ha dentro". L'amico Alberto Diramati che era un grande appassionato di scacchi mi ha portato nel circolo scacchistico dove si poteva incontrare Duchamp.

Enrico Pedrini:
Il racconto di una vita è un fatto importante ed esemplare per gli altri. Penso che la tua passione sia certamente un invito per chi vuole attualmente incamminarsi in questa avventura. Generalmente si prende spunto e stimolo a ripetere i gesti e le passioni di chi ci ha preceduto. Puoi ora dare qualche consiglio a chi si è messo a coltivare e percorrere questo cammino collezionistico con gli artisti di oggi?

Luigi Bonotto:
Secondo me è molto difficile seguire un metodo, perché ogni epoca è contrassegnata da sfumature diverse. Se posso dare un consiglio è quello di innamorarsi di ciò che si sta collezionando, di studiare la storia e il pensiero degli artisti e di cercare di comprendere le opere, avere degli intenti molto comuni con loro, un feeling che sfocia appunto in una condivisione. Il tipo di collezionismo che apprezzo è quello che si innamora degli artisti e non quello che ordina a stock. Consiglierei a chi pensa solamente all'atto commerciale dell'opera e ha paura di fare troppi errori di investire nell'acquisto di terreni o di case piuttosto che in opere d'arte. Ecco perché ho collezionato documenti cartacei, sonori e testimonianze fotografiche, cioè tutto ciò che gli artisti lasciano quali orme e frammenti del proprio passaggio.

Enrico Pedrini:
Ti posso definire come un collezionista di "storia futura", anche se legata a un preciso momento storico, dal momento che per tè sarebbe diventata tale. Oggi continui a lavorare per rendere reale questo tuo progetto?

Luigi Bonotto:
Spero di aver collezionato opere che faranno parte della "storia", anche se sono convinto che la storia appartiene ai vincitori a discapito anche della "verità" e dei "valori". Se poi quello che ho fatto diventerà una vera storia come quella dei vincitori, questo mi farà molto piacere perché ho contribuito a conservare alcuni documenti e le tracce importanti del loro lavoro e del loro sentire.



- Questa conversazione tra Luigi Bonotto ed Enrico Pedrini è pubblicata nel catalogo "Joseph Beuys. Difesa della natura" (Silvana Editoriale. 2007) realizzato da Lucrezia De Domizio Durini, in occasione dell'omonimo evento in Venezia, 10 Giugno - 17 Settembre 2007.

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